domenica

Petrolio / prezzi in tensione

L'escalation mediorientale, con il raid israeliano in Siria nel weekend, e i timori di uno sciopero in Nigeria (quinto paese esportatore mondiale di greggio) contribuiscono ad aumentare il nervosismo e la prudenza degli operatori surriscaldando in particolare le quotazioni del petrolio.




Milano. L'escalation mediorientale, con il raid israeliano in Siria nel weekend, e i timori di uno sciopero in Nigeria (quinto paese esportatore mondiale di greggio) contribuiscono ad aumentare il nervosismo e la prudenza degli operatori surriscaldando in particolare le quotazioni del petrolio.

Così stamane il prezzo medio del petrolio Opec per la prima volta dall'1 settembre è tornato sopra i 28 dollari per barile: ieri è costato 28,19 dollari al barile (159 litri), 34 centesimi in più rispetto a venerdì scorso secondo quanto ha reso noto oggi a Vienna il segretariato dell'Opec. Il cosidetto 'prezzo del paniere Opec' è la media del prezzo di sette diversi tipi di petrolio estratti negli 11 paesi dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Dopo il sorprendente taglio alla produzione di 900 mila barili al giorno deciso dai ministri dell'Opec nell'ultima riunione del 24 settembre scorso a Vienna, il prezzo medio del petrolio Opec è aumentato già del 15%.

A tenere elevate le quotazioni del greggio sono anche i timori per la minaccia di uno sciopero generale in Nigeria che potrebbe bloccare la produzione del quinto Paese esportatore mondiale. Il ventilato sciopero generale in Nigeria (ma il principale sindacato si è detto disponibile ancora a trovare un accordo), seguito alla decisione del governo di togliere il calmiere ai prezzi del carburante, potrebbe tradursi in una protesta di almeno due settimane, secondo quanto annunciato dai sindacati. L'agitazione, secondo gli analisti del settore, potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla produzione del Paese e di conseguenza toglierebbe dal mercato un significativo quantitativo di petrolio.

Ma preoccupa anche il raid compiuto in Siria dall'aviazione israeliana dopo l'ultimo attentato terroristico della Jihad Islamica, che rischia di allargare il teatro dello scontro con i palestinesi. Infine, sull'impennata del petrolio incidono anche gli uragani che in questo periodo imperversano sulle coste degli Usa. Mentre si attenua la minaccia di Larry, già declassato a tempesta tropicale, si vanno invece rafforzando altri due uragani in arrivo, Olaf e Nora, che dovrebbero raggiungere tra tre-cinque giorni le coste occidentali del Messico.

Un effetto calmiere sui prezzi è atteso dal ritorno pieno sui mercati della produzione dell'Iraq, che però si aggira ancora sugli 1,5 milioni di barili e stenta a tornare sui livelli di prima della guerra anche per la difficoltà a usare gli oleodotti, spesso colpiti da atti di sabotaggio. E se il petrolio iracheno seguiterà a uscire al rallentatore l'Opec potrebbe decidere un nuovo taglio alla produzione già il 4 dicembre prossimo, la data del nuovo vertice dei ministri. La scorsa settimana erano circolate voci su un possibile innalzamento della fascia di riferimento per il prezzo del barile Opec, che attualmente è di 22-28 dollari per barile. Quando il prezzo esce dalla banda di riferimento per un certo numero di giorni di transazione, l'Opec interviene con aumenti o diminuzioni della produzione giornaliera. Il prezzo medio attualmente auspicato dai produttori Opec è di 25 dollari al barile, nella nuova fascia diventerebbe di 28,5 dollari per barile. Ma il possibile cambiamento della banda di riferimento è stato smentito dai portavoce dell'Opec.


(7 ottobre 2003)

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