domenica

Migliaia per l'ultimo a saluto a Sandri. L'Atalanta: basta ultras delinquenti


Erano migliaia, c'è chi dice cinquemila, altri diecimila. Comunque erano proprio tanti i tifosi ultrà e i giovani che hanno partecipato ai funerali del dj Gabriele Sandri, il giovane tifoso della Lazio ucciso domenica scorsa da un colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo dall'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella. I giovani in coro e con striscioni hanno chiesto più volte "Giustizia". Fuori della chiesa e in varie strade della capitale, però, sono apparse anche scritte minacciose che promettono "Vendetta per Gabriele".

A queste replica indirettamente il parroco della chiesa San Pio X don Paolo Tammi, che, nel corso dell'omelia ha detto: "A tutti voi amici di Gabriele voglio dire che Gabriele era un ragazzo sano e buono e nei suoi occhi non c'era vendetta. Per questo vi dico non fate violenze perché non portano alcuna giustizia". I caso di disordini il ministro dell'Interno Giuliano Amato ha ammonito: in caso di disordini "come quelli di domenica sera, la scelta non sarebbe quella dell'altra sera quando le forze di polizia decisero di evitare lo scontro fisico". "Oggi - ha affermato Amato - la scelta non sarebbe questa. Dipende da cosa accade".

In chiesa sono state deposte accanto alla bara di Gabriele anche le corone di fiori del Comune, della Provincia ma anche del Capo della polizia Antonio Manganelli. Nella parrocchia San Pio X c'è stato anche un lungo abbraccio tra il sindaco di Roma Walter Veltroni e i genitori di Gabriele Sandri.

Ai funerali è giunta al completo anche la squadra della Lazio, accompagnata dall'allenatore Delio Rossi. I giocatori sono stati accolti da un lungo applauso sia sulla scalinata che all'interno della chiesa. Ma a rendere omaggio al giovane Dj è andato anche il capitano della Roma Francesco Totti e l'allenatore Luciano Spalletti. Totti, che è entrato da un ingresso secondario della chiesa, visibilmente commosso, ha abbracciato la madre di Gabriele, Daniela.

Diversi manifesti a lutto sono apparsi questa mattina sui muri della capitale. Si tratta di manifesti neri dove è scritto in bianco: "Gabriele, Roma ti piange". Numerosi gli striscioni che sono stati appesi sul cancello esterno della parrocchia. A conclusione della messa la bara di Gabriele Sandri è uscita dalla chiesa portata a spalla dai suoi amici. La folla sulla scalinata e in piazza della Balduina ha gridato come un coro da stadio "giustizia, giustizia" e poi ancora "Gabriele, Gabriele ai veri laziali battiamo le mani". Poi tutti hanno cantato l'inno di Mameli.

La davastazione di Roma: in prigione tre ultras
E' stata confermata dal gip Enrico Imprudente l'aggravante della "condotta con finalità di terrorismo" per due dei quattro ultras fermati domenica sera, a Roma, nel corso degli incidenti verificatisi dopo la morte di Gabriele Sandi. Il giudice, che secondo i difensori "ha accolto in pieno le ipotesi della Procura" ha convalidato, finora, tre fermi. Per Claudio Gugliotti, 21 anni, e per Saverio Candamano, 27, sono stati contestati i reati di devastazione, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, possesso di oggetti contundenti e dovranno rispondere dell'aggravante prevista dell'articolo 270 sexies del Codice penale, che riguarda i fatti di terrorismo. Il Gip ha convalidato la misura anche per Valerio Minotti, 21 anni, per cui invece la Procura non chiedeva l'emissione della misura cautelare rafforzata dall'aggravante.

Parroco: chiediamo giustizia e presto
"Chiediamo giustizia, verità e presto. E lo chiediamo alle istituzioni qui presenti. Chiediamo di fare presto perché poi verrà piano piano anche il perdono". Un applauso scrosciante di tutta la chiesa èstato rivolto a don Paolo Tammi che ha pronunciato queste parole nell'aprire l'omelia durante i funerali di Gabriele Sandri. Applausi e lacrime che nessuno è riuscito a trattenere. Il parroco si è rivolto direttamente alle autorità presenti ma anche agli amici di Gabriele chiedendo "di fermare la violenza". "Stiamo vivendo una situazione allucinante - ha aggiunto il sacerdote - cosa avesse fatto Gabriele per non vivere più ancora non lo abbiamo capito. E' un dolore forte, lancinante e non c'è ragione al mondo che lo spieghi. Qui ci sono persone arrabbiate, angosciate e deluse. Non si poteva evitare tutto questo?".

A Bergamo
Il tecnico dell'Atalanta, Luigi Delneri, e tutti i giocatori della squadra bergamasca si sono schierati al fianco del presidente Ivan Ruggeri, nella condanna unanime dei violenti che domenica scorsa hanno portato alla sospensione della partita con il Milan. "Noi quei delinquenti allo stadio non ce li vogliamo", hanno dichiarato i nerazzurri in un comunicato che porta la loro firma.

"Noi, allenatore e calciatori dell' Atalanta -recita il comunicato-, sentiamo il dovere morale di appoggiare pubblicamente e incondizionatamente la dura presa di posizione del Presidente Ivan Ruggeri contro i delinquenti che domenica scorsa hanno causato gli incidenti allo stadio di Bergamo, generando vergogna per tutta la città". "Noi quei delinquenti non li vogliamo più, né allo stadio né agli allenamenti -conclude la nota- noi vogliamo solo il tifo e l'affetto degli sportivi veri che domenica hanno pesantemente contestato il comportamento violento di questa minoranza".

L'OMICIDIO DI BADIA AL PINO
Il fratello del tifoso ucciso:
"Nessuno infanghi Gabriele"
L'avvocato: "Il questore ha mentito"
Duro sfogo di Cristiano Sandri, fratello del ragazzo ucciso domenica in un autogrill. "Questa è una vicenda che non ha nulla a che fare con il calcio, basta con le strumentalizzazioni. Monaco, legale della famiglia Sandri: "Gabriele non aveva nessun sasso in tasca"


Roma, 16 novembre 2007 - "Mio fratello è stato assassinato, ammazzato in un autogrill. Il calcio non c'entra nulla e non accetto strumentalizzazioni". La conferenza stampa indetta da Cristiano Sandri, fratello di Gabriele il tifoso della Lazio ucciso da un poliziotto domenica scorsa, ha tutta l'aria di avere lo scopo di non far calare l'attenzione su quanto avvenuto. Cristiano, affiancato dal padre Giorgio, e dagli avvocati Michele Monaco e Luigi Conti, lo dice tra le righe quando spiega di aver convocato la stampa per fare alcune "puntualizzazioni".

La prima riguarda il comportamento del questore di Arezzo. Sandri ricorda che "l'omicidio" (definisce sempre cosi' quanto accaduto da Gabriele), "e' avvenuto intorno alle 9 e gia' alle 10 la polizia aveva il quadro della situazione ben chiaro". Eppure sostengono Cristiano e l'avvocato Monaco "il questore di Arezzo sin dall'inizio ha dato una versione falsa dell'uccisione di Gabriele".

Per Monaco "e' partita una vera e propria difesa corporativistica verso il poliziotto che ha alimentato dubbi su tutta la vicenda. Il questore di Arezzo ha mentito per non capisco quale motivo e saranno problemi suoi. Noi non agiremo contro di lui, ma le parole dette nella conferenza di domenica hanno ucciso per la seconda volta Gabriele".

Cristiano ricorda quindi come "sono stato per dieci ore su quell'autogrill senza ricevere una sola telefonata dalla questura. La prima e' arrivata intorno alle 23 e mi si chiedeva se avevo bisogno di qualcosa". Ben diverso e' stato il comportamento del capo della squadra mobile aretina, "una persona squisita", e del sindaco di Roma, Walter Veltroni, "che si e' messo a nostra completa disposizione". Il fratello di Gabriele ricorda quindi che "la seconda persona che ci ha portato le condoglianze e' stato il presidente Napolitano che si e' detto sbigottito di quanto fosse avvenuto".

La famiglia Sandri preferisce non parlare delle ultime indiscrezioni provenienti da Arezzo secondo cui i tifosi laziali, fra cui Gabriele, avrebbero teso un vero e proprio agguato, con tanto di coltelli, pietre e ombrelli, ai cinque tifosi juventini presenti sulla Mercedes. "Non parliamo di questo - dice Cristiano - e comunque il fatto non rende meno grave l'accaduto. Domenica e' successo qualcosa che in uno stato civile non dovrebbe accadere. Un poliziotto ha puntato l'arma e colpito un innocente senza capire che cosa stava o era successo".

"Non sono stati trovati sassi - interviene l'avvocato Monaco - e comunque ci possono essere sassi di 1 millimetro e sassi di 10 centimetri, qui non parliamo di sassi in termini offensivi ma di micro formazioni calcare. E' impossibile che Gabriele avesse oggetti contundenti con se', non e' partito con nulla". In merito al fatto che sarebbe stato trovato solo uno dei due bossoli, il legale allarga le braccia dicendo "pazienza".



Cristiano ricorda Gabriele come "un ragazzo che lavorava nell'azienda di famiglia e che aveva due passioni: la musica e la Lazio. Seguiva la sua squadra in casa e in trasferta, era un tifoso insomma. Per questo, credo, al suo funerale ci fossero migliaia di tifosi provenienti da tutta Italia. Il calcio e il tifo violento- ribadisce- con la morte di Gabriele, pero', non c'entrano nulla".

Non manca un'accusa anche al modo su come e' stata gestita la vicenda. "E' una situazione assurda- sostiene Cristiano Sandri- ma mi chiedo come e' possibile sbagliare cosi' i tempi della comunicazione e alimentare sentimenti di chi non aspettava altro".

Qualcuno gli chiede infine se, come detto da don Paolo nell'omelia funebre, arrivera' mai il tempo del perdono. "Sicuramente non adesso", la secca risposta di Cristiano.

Cinquemila tifosi e un funerale
C’erano quasi tutte le curve d’Italia ieri a Roma per l’addio a Gabriele Sandri. Senza sirene né disordini, con i poliziotti in borghese, ma con un chiaro linguaggio, un’enigmatica pax e una nuova cultura ultras Roma. Dentro. La voce della mamma, il fiore della polizia, la corona del sindaco, le lacrime della Lazio, gli occhi di Francesco Totti, la voce di Di Pietro, l’abbraccio del sindaco, lo sguardo del prefetto, la telecamera del tifoso, il microfono del fratello, le note della Nannini, le parole del parroco (“cosa avesse fatto per non vivere ancora non si è capito”) e poi le sciarpe bianco e azzurre, giallo e rosse, nero e azzurre, rosso e nere poggiate qui, sopra la bara del ventottenne Gabriele Sandri, il dj romano tifoso della Lazio ucciso domenica mattina in un autogrill, a pochi chilometri da Arezzo, con un proiettile partito dalla pistola di un poliziotto. Dentro, Gabriele. Fuori, invece, la piazza, la divisa, lo striscione, le scarpe New Balance, il bomberino nero, i jeans stretti alla caviglia, il cappellino con l’aquila biancoceleste, i fischi a chi oggi urla contro la polizia e poi la veglia, gli sguardi, il tifo, gli applausi, le bandiere, le bandane, i cori, i colori, il saluto romano e una strada con la sua cultura che batte le mani come mai aveva fatto prima; e non (solo) per ricordare il colore della maglia di un tifoso ma perché, in quell’autogrill, in quella macchina, in quella strada e in quella trasferta al posto di Gabriele Sandri ci sarebbe potuta essere una qualsiasi delle cinquemila persone arrivate ieri nella piazza di fronte alla chiesa San Pio X, a Roma, a Monte Mario, in zona Balduina. E non c’è stato nessuno scontro, nessuna sirena, nessuna macchina della polizia, ieri: solo un centinaio di agenti in borghese, qualche telecamera nascosta tra le finestre, i tifosi della Lazio arrivati prestissimo, un paio di ragazzi con minacciosi caschi da sommossa schierati dietro l’angolo e poi via via tutti gli altri, tutte le altre tifoserie che l’ultima volta che si erano incontrate così, tutte quante, lo avevano fatto nel 1989; quando un tifoso del Milan ne aveva accoltellato uno del Genoa (“Spagna”) e quando, dopo quel pomeriggio, gli ultras si erano segretamente incontrati e avevano firmato, tra loro, una breve ma osservata pax.
Solo che ieri è successo qualcos’altro, perché la cultura della strada, la cultura – a volte un po’ catacombale – dell’ultras la si capisce, in certi casi, anche quando parla sottovoce. Ecco, non era mai successo che ci fossero qui, in pubblico e in piazza tutti insieme, i tifosi del Genoa, della Fiorentina, del Torino, della Reggina, del Cagliari, del Bologna, dell’Avellino, del Catanzaro, del Catania e naturalmente della Roma; non era mai successo che così, davanti a tutti, interisti e milanisti arrivassero simbolicamente a Roma con gli stessi treni; non era mai successo che i tifosi di Bergamo – dell’Atalanta – dopo aver fatto interrompere domenica una gara di campionato, per rispetto verso la storica tifoseria nemica della Lazio, arrivassero solidali a Roma, insieme con i tifosi della Ternana e della Fiorentina. Ma soprattutto non era mai successo che di fronte a tutte le altre tifoserie nemiche a Roma si presentassero con le sciarpe azzurre quei tifosi a cui le forze dell’ordine hanno recentemente proibito l’ingresso negli stadi di Roma e di Palermo e che invece si sono presentati, improvvisamente, ieri mattina dietro piazza della Balduina: mettendo in silenzioso allarme il servizio d’ordine della tifoseria laziale (e il suo uomo forte, detto “Tonno”) arrivando, come da protocollo, in un robusto gruppo da trenta, portando con sé i colori del Napoli, offrendo una corona di fiori al tifoso ucciso e dando il via a un coro che nel linguaggio un po’ da strada e un po’ da ultras è stato ben recepito: “Ga-bri-e-le-u-no-di-no-i”. E non ha nulla a che vedere con quel “codice di violenza locale del posto pieno di lupi dove nessuno può imporci le logiche da lupo”, di cui parlava Francesco Merlo la scorsa settimana su Repubblica. “Questa è una santa alleanza tra ultras, significa zero scontri tra curve, significa meno scontri tra noi, significa alleanze contro le forze dell’ordine. In una parola? Banda contro banda”, diceva ieri chi ben conosce il codice e la cultura ultras, poche ore prima che a Roma i tifosi sfilassero per strada, che il procuratore di Arezzo definisse il comportamento dell’agente omicida “imperdonabile” e che il gip di Roma confermasse l’accusa di terrorismo per due dei fermati dopo gli scontri di domenica a Roma. “Terrorismo”, ripetevano ieri i tifosi in quella piazza a forma di curva, abituati a essere l’uomo in più, il dodicesimo in campo, e raccolti ora per il loro uomo in meno e per la loro possibile nuova pax. E sia pace davvero.
(15/11/2007)

Nessun commento: